Covid-19 UV, i fiori agli ultravioletti come virus al microscopio
Non è facile descrivere sensazioni, pensieri, visioni e derive quotidiane ai tempi del Coronavirus.
Non è facile affrontare un blocco pandemico nell’equilibrio instabile di giornate senza fine e tutte uguali. Un limbo di azioni da compiere, una routine da rispettare inconsciamente e meccanicamente.
A qualcosa bisognava pur attaccarsi per venirne fuori.
Dicono che per sconfiggere le proprie paure devi dare una forma e un nome a tali paure. E non è certo facile dare forma a qualcosa di invisibile come un virus, io ho provato a farlo attraverso la fotografia e alla tecnica della fluorescenza visibile indotta da luce ultravioletta (UVIVF).
Queste foto sono il frutto del mio lockdown, sono il mio lockdown. Sono il risultato di nottate insonni passate al buio della mia cucina a fotografare, mentre fuori il silenzio e l’immobilità surreale avvolgevano tutto. Solo la fotografia in quel periodo sembrava avere il potere di rilassarmi, di farmi dimenticare tutto il resto, l’unica cosa che avrei potuto continuare a fare per ore senza mai stancarmi, l’unica cosa in grado di rilassarmi, di scollegarmi dalla realtà, di proiettarmi in un mondo parallelo tutto mio dal quale non avrei più voluto uscire, un po’ come la lettura di un buon libro per alcuni o l’ascolto di buona musica per altri.
Questa è la mia interpretazione del Covid-19, l’ho fatto seguendo il mio immaginario, raccogliendo e fotografando agli ultravioletti i fiori trovati per lo più nel giardino condominiale durante i mesi del lockdown, piante e fiori che sollecitati da luce UV emettono una fluorescenza che li rende misteriosi, mostruosi e affascinanti allo stesso tempo; è un po’ come vedere il virus al microscopio elettronico.
E’ straordinario come dalle difficoltà nascano delle nuove possibilità: “rendere visibile ciò che a occhio nudo generalmente non lo è”, un nuovo linguaggio di comunicazione che apre infinite possibilità per me che ho sempre vissuto di immagini.